domenica 6 gennaio 2013

Scomparso in Venezuela aereo con a bordo figlio di Ottavio Missoni

aereoDa ieri mattina si sono perse le tracce di un piccolo velivolo da turismo. L’aereo sarebbe misteriosamente scomparso nell’arcipelago di Los Roques in Venezuela.
A bordo ci stavano quattro italiani, tra i quali il figlio maggiore di Ottavio Missoni, Vittorio, in compagnia della moglie Maurizia Castiglioni. Insieme alla coppia vi erano due amici, Elda Scalvenzi e Guido Foresti.
I due piloti del piccolo aereo sono German Merchane e Juan Fernandez.
Il figlio maggiore dello stilista Ottavio, Vittorio Missoni, è il responsabile commerciale dell’azienda, nonché l’ambasciatore della griffe nel mondo.
La famiglia Missoni è stata prontamente informata del terribile accaduto. Ottavio e sua moglie Rosita sono rimasti a casa, a Sumirago, con la figlia Angela, raccolti in silenzio in attesa di avere nuovi aggiornamenti, mentre per il Venezuela è immediatamente partito Luca, fratello di Vittorio.
Pietro Foresti, figlio della coppia di amici che accompagnavano i Missoni in Venezuela ha dichiarato:
“L’unica cosa che sappiamo è che hanno interrotto le ricerche. Non rilasciamo interviste, lasciateci un attimo di pausa”.
L’Italia resta dunque col fiato sospeso per la sorte dei quattro. Non è la prima volta che l’Arcipelago gioca brutti scherzi nel traffico aereo. Non a caso, viene definito “Rotta maledetta”. Le ricerche continuano senza tregua.

Fonte:  http://www.aciclico.com/


giovedì 3 gennaio 2013

LA COMMOVENTE STORIA DI TOLDO, IL GATTO CHE OGNI GIORNO VISITA LA TOMBA DEL SUO PADRONE DEFUNTO E GLI PORTA REGALI


La storia di Toldo sta facendo il giro della rete e sta facendo commuovere moltissime persone. Toldo è un gatto adottato fin da quando aveva tre mesi. Ad adottarlo fu il signor Renzo Iozzelli di Montagnana, in provincia di Pistoia. Tra i due si creò fin da subito un legame fortissimo
A settembre 2011, però, Renzo muore e Toldo rimane senza il suo amato umano. Lo accompagna lungo il corteo funebre, accanto alla moglie di Renzo e agli altri parenti. Da allora, ogni giorno e più volte al giorno, Toldo si reca sulla tomba del suo amico umano e gli porta qualcosina: un rametto, un pezzo di carta, delle foglie secche. Le deposita sulla lapide e si siede lì, per ore, a fare compagnia a Renzo.

Testimoni di questa storia tenerissima sono moltissimi cittadini di Montagnana. La signora Ada, vedova di Renzo, racconta:

Il giorno dopo il funerale andammo al cimitero con mia figlia e trovammo sulla tomba un rametto di acacia. Io pensai subito che fosse stato il gatto, ma mia figlia era convinta che lo dicessi solo per lo stato emotivo in cui mi trovavo in quei momenti. Da allora la storia è continuata. Anche oggi andata al camposanto e Toldo mi è venuto dietro. Per strada una persona che conosco mi ha detto che stamani, di buon’ora, il gatto era già stato lì.

In paese lo sanno tutti. L’hanno visto tante persone Non viene solo con me, va spessissimo da solo. Mah, non so che dire. Mio marito era molto affettuoso con lui. Renzo amava gli animali. È quasi come se Toldo volesse essergli riconoscente. È un gatto speciale, non si può che volergli bene.

Una storia che getta un fascio di luce su tutto il 2013 appena iniziato: l’amore, quello vero, va al di là della morte e anche al di là delle specie.

martedì 1 gennaio 2013

Storia della Befana ◄leggi tutto

La storia della nascita della Befana pone le sue radici all’interno di una tradizione culturale di matrice pagana, di superstizioni e aneddoti magici.
Il periodo natalizio si pone in un momento dell’anno che storicamente era ricco di rituali e usanze legati alla terra, all’inizio del nuovo raccolto e all’idea di propiziarsi fortuna e prosperità nell’anno nuovo.
Già gli antichi Romani celebravano l'inizio d'anno con feste in onore al dio Giano e alla dea Strenia (da cui strenna natalizia). Queste feste erano chiamate le Sigillaria; ci si scambiava auguri e doni in forma di statuette d'argilla o di bronzo e perfino d'oro e d'argento. Queste statuette erano dette "sigilla", dal latino "sigillum", diminutivo di "signum", statua. Le Sigillaria erano attese soprattutto dai bambini che ricevevano in dono i loro sigilla (di solito di pasta dolce) in forma di bamboline e animaletti.
La Befana è un personaggio che ha colto suggestioni da diversissime leggende e trasposizioni culturali. Inizialmente, e si parla ancora del periodo romano politeista, la popolazione venerava Diana, la dea della caccia e della fecondità che nelle notti che precedevano l’inizio della nuova semina si diceva passasse, con un gruppo nutrito di donne, sopra i campi, proprio per renderli fertili e fecondi al nuovo raccolto.
L'enciclopedia Treccani ne dà la seguente definizione: è per il popolo un mitico personaggio in forma di orribile vecchia, che passa sulla terra dall'1 al 6 gennaio. Nell'ultima notte della sua dimora il mondo è pieno di prodigi: gli alberi si coprono di frutti, gli animali parlano, le acque dei fiumi e delle fonti si tramutano in oro. I bambini attendono regali; le fanciulle traggono al focolare gli oroscopi sulle future nozze, ponendo foglie di ulivo sulla cenere calda; ragazzi e adulti, in comitiva, vanno per il villaggio cantando...in alcuni luoghi si prepara con cenci e stoppa un fantoccio e lo si espone alle finestre...I contadini della Romagna toscana sogliono invece portarlo in giro sopra un carretto, con urli e fischi, fino alla piazzetta del villaggio, ove accendono i falò destinati a bruciare la Befana...Gli studiosi vedono nel bruciamento del fantoccio (la Vecchia, la Befana, la Strega), che persiste un po’ dappertutto in Europa, la sopravvivenza periodica degli spiriti malefici, facendo risalire il mito della befana a tradizioni magiche precristiane...
Col passare dei secoli la deriva pagana diede spazio alle interpretazioni cristiane; siamo ovviamente in un medioevo fatto di persecuzioni alle streghe e di forte fervore religioso. Ed è qui che avviene un primo incontro di culture, la bella Diana diviene una brutta donna e i riti dei falò (si bruciava il vecchio per dare spazio al nuovo) divengono dei veri e propri roghi della vecchia, dove una simbolica attempata strega viene posta al di sopra di questi roghi. Le contaminazioni pagane e cristiane generano quindi una figura di donna che è un misto di entrambe le culture, da una parte vive la buona Diana e dall’altra la cattiva strega che deve essere bruciata.
Una leggenda racconta che i Re Magi in viaggio per Betlemme avessero chiesto informazioni sulla strada ad una vecchia, e che avessero insistito perché lei andasse con loro a portare i doni al salvatore. La vecchia rifiutò, ma poco dopo, pentita, preparò un cestino di dolci e si mise in cerca dei Magi e del bambino Gesù.
Non trovandoli bussò ad ogni porta e consegnò dolci ai bambini sperando di potersi così far perdonare la mancanza. Con la mediazione del cristianesimo la Befana diviene quindi una specie di strega, vestita di stracci, brutta e che vola sopra i tetti con una scopa, ed ha quindi un lato perfido che la rende un personaggio estremamente affascinante. Se infatti molti altri benefattori come Babbo Natale o San Nicola portano doni a tutti, la Befana porta dei regali modesti e tanto carbone a chi non è stato buono.
L’etimologia del nome Befana, è strettamente legato al nome della festa, è una derivazione infatti delle forme dialettali con cui il popolo esprimeva il termine “Epifania”. Il dualismo affascinante che sta sotto alla figura di questa vecchia è forse il motivo per cui non è mai diventata un vero e proprio oggetto commerciale, fatta esclusione per gli ultimi anni.
Se San Nicola è un paffuto rubicondo nonnino che accontenta tutti i bambini, la Befana è invece la sostanza femminile pagana di una lunga tradizione rituale contadina.
Non porta soldi, e non ha neppure un gruppo di elfi artigiani per fare regali, la Befana tradizionale porta arance, noci, piccoli dolci casalinghi e carbone, ultimamente zuccherato ma comunque carbone, e ci ricorda che dopo le feste si torna a lavorare a “sgobbare” per i frutti del terreno.
Non è un caso l’usanza di dire “l’epifania tutte le feste porta via”. Perché è proprio dopo il sei Gennaio che il contadino ricominciava con la nuova semina, che si riprendevano i fervori casalinghi per dar vita ad un nuovo, e si sperava, prosperoso raccolto.
La Befana è un personaggio molto inserito nella cultura italiana ma questa leggenda trova riscontri anche nelle tradizioni precristiane olandesi o tedesche.
E così presso i tedeschi del nord troviamo Frau Holle che nella Germania del sud, diventa Frau Berchta. Entrambe queste "Signore" portano in sé il bene e il male: sono gentili, benevole, sono le dee della vegetazione e della fertilità, le protettrici delle filatrici, ma nello stesso tempo si dimostrano cattive e spietate contro chi fa del male o è prepotente e violento. Si spostano volando o su una scopa o su un carro, seguite dalle "signore della notte", le maghe e le streghe e le anime dei non battezzati.
 

lunedì 31 dicembre 2012

Il Web saluta con affetto e stima Rita Levi Montalcini




Una vita straordinaria, arrivata al capolinea terrestre oggi all’età di 103 anni. Se ne va Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la Medicina e Senatrice a vita.
Se ne va a 2 giorni dalla fine del 2012.
Il decesso è avvenuto nella sua abitazione romana, ed è stato confermato prontamente dalla Questura capitolina, nonché dal personale del 118, intervenuto sul posto per tentare di salvare la scienziata torinese.
Di Rita Levi Montalcini ci ricorderemo per moltissimi regali al suo (e nostro) tempo. Uno su tutti? La sua straordinaria umiltà. Il suo impegno messo al servizio della Scienza (a detta sua di gran lunga superiore alla sua intelligenza, che soleva reputare “mediocre”) è un puzzle nella storia d’Italia, una foto da passare in rassegna, una stella di un’eventuale hall of fame dei miti di epoca.
Il suo percorso è stato ricco di momenti in cui per realizzare un sogno Rita ha dovuto metterci il doppio dell’amore rispetto ai giorni di routine. Come quando realizzò un laboratorio di studi in casa in modo da sfuggire alle leggi razziste. Oppure come quando decise di lasciare la sua amata terra per andare a lavorare per ben 30 anni negli U.S.A.
Ripercorrere le tappe più importanti della sua meravigliosa vita appare un atto doveroso.
Rita Levi Montalcini è nata il 22 aprile del 1909 a Torino. Entra a far parte della scuola medica di Levi a vent’anni, per poi laurearsi nel 1936.
Il suo primo obiettivo dopo la laurea era quello di continuare specializzandosi in neurobiologia e psichiatria, ma un ostacolo più grande del suo corpo esile glielo impedisce.
Parliamo dell’avvento delle leggi razziali, istituite nel 1938 dal Fascismo.
Rita è costretta ad emigrare in Belgio insieme a Giuseppe Levi. Qui, prosegue i suoi studi e le sue ricerche in un laboratorio casalingo. Lo fa in un periodo difficile per l’Europa. Sono gli anni della Seconda Guerra Mondiale, anni in cui tutto è in bilico e la sopravvivenza è una priorità rispetto a qualsiasi altro tipo di attività (compresa quella didattica).
Rita Levi Montalcini cerca disperatamente un posto tranquillo, per proseguire la sua vita e i suoi studi. Lo troverà in Firenze nel 1943.
Nel capoluogo toscano vivrà nella più totale clandestinità per qualche anno, in attesa della fine della terribile guerra.
Finito il conflitto bellico, che lascia alle spalle città annegate nel sangue, milioni di vittime e un grosso peso per l’umanità intera quale è l’olocausto, la Montalcini decide di far ritorno per poco tempo nella ‘sua’ Torino.
Un giorno le arriva un’offerta che non può rifiutare. Proviene dal Dipartimento di Zoologia della Washington University (St. Louis, Missouri).
Rita decide di partire alla volta degli Stati Uniti. Ivi rimarrà per ben trent’anni, collezionando successi scientifici e guadagnando con grande merito una cattedra in Neurobiologia (realizzando dunque il suo sogno lontano).

Addio, Rita.




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