sabato 8 marzo 2014

Via libera di Bruxelles e Siae per la “Tassa sui telefonini”. Industria informatica e consumatori sul piede di guerra.



Una delle eredità più scomode e di difficile soluzione che il governo Letta ha lasciato al nuovo esecutivo nel campo del digitale, infatti, è proprio l’ormai famosa “tassa sui telefonini”.  
Il ministro Ministro Franceschini deve decidere se aggiornare le imposte che gravano sull’acquisto
di smartphone, chiavette e hard-disk. Chi acquisterà uno smartphone potrebbe trovarsi a dover sborsare un contributo, comprensivo di IVA, di 6,20 euro. C’è il via libera di Bruxelles e Siae.
Ma l’industria informatica e i consumatori restano sul piede di guerra.
Pochi lo sanno, ma un’imposta sulle vendite di smartphone, tablet e computer è già in vigore e corrisponde attualmente a 90 centesimi di euro per gli smartphone, 0,09 per ogni GB di memoria delle chiavi USB e 9,99 per gli hard disk esterni. 
Solo qualche settimana fa l’aumento destinato ad arricchire le casse della Siae su molti dispositivi tecnologici, previsto a partire da gennaio, aveva subito una battuta d’arresto grazie all’ex ministro Bray che  aveva sospeso il balzello a favore della Siae di 3 e 4 euro sul prezzo di smartphone, tablet, pc e altri dispositivi tecnologici, e anche grazie alle oltre 14 mila firme raccolte da una petizione di Altroconsumo. Ma l’eventuale decisione era stata congelata dalla crisi di governo.  
Nei prossimi giorni, il Ministro Franceschini dovrà decidere se aggiornare o meno le tariffe, modalità prevista dal decreto del 2009 come adeguamento allo sviluppo delle tecnologie digitali, che aumenterebbero del 500%. In tal caso chi comprerà uno smartphone dovrà sborsare un contributo, comprensivo di IVA, di 6,20 euro, stesso dicasi per chi acquisterà un tablet; per i decoder di memoria interna si parla addirittura di una cifra intorno ai 40 euro. Nel 2012 il prelievo nei 23 paesi europei in cui vige il sistema di copia privata è stato pari a 600 milioni di euro; si stima che tale provvedimento determinerà un gettito complessivo di 200 milioni, ciò vuol dire che l’Italia costituirebbe da sola un terzo dell’intera somma.   Ora, speriamo che il nuovo ministro Franceschini non faccia marcia indietro e prima di emanare il decreto di adeguamento delle tariffe prosegua con l'idea del suo predecessore di sviluppare un’indagine sulle abitudini dei consumatori per verificare se davvero le copie private di opere musicali e cinematografiche siano cresciute negli ultimi tre anni tanto da legittimare addirittura un aumento di ben 5 volte l’equo compenso, come pretenderebbe la Siae.

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